La mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” a Palazzo Braschi

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Mostra di Klimt

A distanza di oltre un secolo dalla sua partecipazione all’Esposizione internazionale d’arte del 1911, Gustav Klimt torna a Roma con la mostra “Klimt. La Secessione e l’Italia” che si terrà al Museo di Roma – Palazzo Braschi, fino al 27 marzo 2022. 

Tra dipinti, disegni, manifesti d’epoca e sculture la mostra ospiterà circa 200 opere del maestro austriaco e della sua cerchia, provenienti dalle collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. 

In particolar modo, importanti prestiti sono stati concessi dalla Galerie Belvedere di Vienna, dalla Neue Galerie Graz e dalla Klimt Foundation. Tra questi ci sono la Giuditta I, Amiche Ie La Sposa, ultimo incompiuto capolavoro che l’artista realizzò pochi mesi prima di morire per un ictus all’età di 55 anni. Tuttavia, il posto d’onore della mostra lo occupa il Ritratto di Signora. L’opera, misteriosamente scomparsa nel 1997 dalla Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza e fortunosamente recuperata nel 2019, conclude la mostra romana e saluta il visitatore con un arrivederci a Piacenza. Qui, a partire dal prossimo 5 aprile, avrà luogo la mostra dedicata al “Klimt intimo”, il secondo grande appuntamento dedicato al maestro austriaco. 

La mostra romana– il cui costo complessivo si aggira intorno al milione e settecentomila euro – è stata curata da Franz Smola, Maria Vittoria Marini Clarelli, Sovrintendente capitolina ai Beni Culturali, e Sandra Tretter, vicedirettore della Klimt Foundation di Vienna. Il percorso ideato dai curatori si snoda lungo due temi principali: il rapporto di Klimt con l’Italia e le origini del movimento noto come Secessione Viennese, nato in opposizione ai dettami dell’Accademia di Belle Arti di Vienna e di cui l’artista era uno dei più illustri esponenti. 

Klimt e l’Italia

Figlio di un orafo, Gustav Klimt si formò nella cultura accademica dell’Ottocento, i cui diktat erano completamente avversi all’uso dell’oro in pittura

Tuttavia, quando il giovane artista arrivò in Italia alla fine dell’Ottocento per studiare l’influenza del Rinascimento sull’arte, comprese quanto potesse essere cruciale per il suo processo artistico. Proprio come Alberto Burri qualche decennio più avanti, ammirando i mosaici di San Marco a Venezia e, soprattutto, a quelli bizantini di Ravenna, Klimt comprese che le luci e i colori dell’oro trasportano ogni elemento del manufatto in una dimensione diversa da quella naturale, in una dimensione in cui il tempo si fera e l’opera diventa astratta.

Da ciò si comprende quanto il rapporto con l’Italia sia stato determinante per la maturazione artistica di Klimt e quanto quei mosaici bizantini «di incredibile splendore», alimenteranno il tratto iconico della sua produzione, la predilezione per l’oro. 

Klimt e la Secessione Viennese

Come racconta la prima sezione della mostra, tutto partì dalla Vienna del primo Novecento, con i suoi caffè – “una sorta di club democratici e accessibili a tutti al modico prezzo di una tazzina di caffè”, per citare Stefan Zweig – la musica, l’indagine dell’inconscio di Freud e la fondazione della Secessione Viennese (Wiener Secession), nata il 3 aprile 1897 e presieduta da Gustav Klimt. Nonostante i suoi multiformi linguaggi, i diciannove artisti della cerchia si staccarono dall’Accademia di Belle Arti gridando unanimemente: “A ogni tempo la sua arte, all’arte la sua libertà”. 

Citando Franz Smola: “La Secessione viene in mostra presentata nel suo spettro più ampio, dal realismo crudo fino all’idealizzazione e alla stilizzazione di paesaggi e ritratti femminili. Non manca il design degli architetti viennesi e non mancano i pittori italiani che, come Felice Casorati, hanno imitato lo stile e il decorativismo di Klimt”.