La Milano Fashion & Jewels non è solo una fiera, è un hub in cui tecnologia, innovazione e design si intrecciano, creando un ecosistema in cui il futuro dell’accessorio moda prende forma. Con oltre 40.000 professionisti del settore e 1.758 brand da 51 paesi, l’edizione di quest’anno ha dimostrato che il confine tra moda e arte è sempre più labile. Un fenomeno che ha trovato espressione perfetta nelle opere di Elena Brovelli Gallery, una realtà che sta ridefinendo il concetto di tridimensionalità nel panorama artistico contemporaneo.
All’interno della fiera, Brovelli ha presentato Rose e Amarilli, due opere che si inseriscono nel dibattito sulla fusione tra matericità e percezione. La sua ricerca è quella di un’artista che non si limita a lavorare con il tessuto, ma lo trasforma in un algoritmo emotivo, in cui ogni piega è un dato, ogni tensione un codice che comunica con chi osserva.
Rose è latex fucsia, è tensione e rilascio, è il momento esatto in cui la materia si piega, ma non cede. È un’opera che sembra anticipare il dialogo tra bio-design e moda immersiva, tra materiali reattivi e concetti di sostenibilità emotiva. Il fucsia non è solo colore, ma segnale, una frequenza che vibra a una lunghezza d’onda precisa, catturando l’attenzione e riscrivendo i canoni della percezione visiva.
Dall’altra parte, Amarilli è un esperimento di verticalità e ritmo, un’installazione in lycra magenta che traduce il movimento in uno schema visivo che sfida la staticità dell’arte tradizionale. Le sue righe serrate sembrano pulsare, come un’interfaccia che reagisce all’osservatore. Qui Brovelli porta la materia a un livello quasi digitale, un pattern che può ricordare le texture algoritmiche della grafica generativa, ma che mantiene la fisicità tattile di un’opera nata dal contatto diretto con l’artista.
Ma ciò che rende il lavoro di Brovelli veramente disruptive è il suo processo creativo: un rituale che unisce la manualità artigianale con un approccio esperienziale. La scelta di materiali Made in Italy non è solo una questione estetica, ma parte di una riflessione sulla sostenibilità e sull’impatto energetico del design. La lavorazione del tessuto avviene in simbiosi con il corpo dell’artista, in una danza di pressione e rilascio che ricorda il machine learning: un’iterazione continua in cui ogni piega è il risultato di una sequenza di dati imprevedibili.
In un’epoca in cui il design è sempre più orientato all’interazione, la Milano Fashion & Jewels ha offerto una finestra su un futuro in cui arte e tecnologia si fondono senza soluzione di continuità. La presenza di Elena Brovelli Gallery ha dimostrato che l’estetica non è solo da ammirare, ma da decodificare, interpretare, attraversare. Un linguaggio nuovo, fatto di tessuto, algoritmi e percezione sensoriale. E forse, proprio per questo, il più vicino alla moda del futuro.
(Pubbliredazionale)