Se si vuole in qualche modo far parte di un’incredibile storia, ora e per poco si può: a Cortina d’Ampezzo, nel Museo d’Arte Moderna Mario Rimoldi, dove, dal 1 dicembre 2015 al 31 gennaio 2016, ci viene raccontata nella mostra “Pinturicchio – Il Bambin Gesù delle Mani”, attraverso un percorso audiovisivo che accompagna alla visione finale di un dipinto unico per la sua singolare bellezza e prezioso per i materiali e per la trama della sua genesi.
Il quadro, di proprietà della Fondazione Guglielmo Giordano, proviene infatti da un affresco vaticano del Pinturicchio raffigurante una Madonna con il Bambino e papa Alessandro VI Borgia orante, e custodisce uno dei più scandalosi ed intriganti misteri del passato.
Ci troviamo in piena epoca rinascimentale, circondati dal lusso e da personaggi di indiscutibile fascino: Alessandro VI Borgia, uno dei pontefici più discussi; Giulia Farnese, emblema della bellezza rinascimentale e amante del papa, e ovviamente il Pinturicchio, artefice dell’opera in questione e pittore attivo alla corte vaticana sotto ben cinque papi.
Il Pinturicchio ritrae il pontefice al cospetto della Vergine, inginocchiato mentre accarezza un piedino del Bambino (da qui il nome del dipinto, poiché la mano è ancora oggi visibile nel frammento superstite). Tale gesto è inconsueto e quasi unico nell’iconografia sacra e porta dunque a supporre che il Bambino ritraesse in realtà la figlia del Borgia e della sua amante Giulia Farnese, il cui volto possiamo ammirare nelle sembianze della Vergine Maria. Ulteriore ed incredibile preziosità al dipinto è data dai particolari in lamina d’oro, lo stesso oro che l’esploratore Cristoforo Colombo donò al ritorno del suo viaggio alla scoperta del territorio americano.
Primo a parlare dell’incredibile affresco fu il Vasari nelle “Vite”, ma l’ipotesi era talmente scandalosa da risultare quasi incredibile e da essere tacciata di maldicenza.
Solo nei primi del Seicento il duca di Mantova Francesco IV Gonzaga, avuta notizia dell’esistenza dello scandaloso dipinto del Pinturicchio, colse l’occasione per schernire la famiglia Farnese e incaricò il pittore mantovano Pietro Facchetti di realizzarne una copia. Il Facchetti, introdottosi con uno stratagemma negli appartamenti vaticani riuscì a riprodurlo in una tela, destinata a rimanere l’unica testimonianza per i posteri dell’incredibile scena. Poco dopo, infatti, più precisamente nella seconda metà del 1600 papa Alessandro VII deciderà di far scomparire, per quanto possibile, ogni ricordo di Alessandro VI e delle sue scelleratezze, e una delle prime “vittime illustri” di tale determinazione è proprio l’affresco “blasfemo” degli appartamenti Borgia, che, per suo volere, viene distaccato e frammentato, affinché nulla si tramandi.
Ma, come in ogni romanzo che si rispetti, così anche e soprattutto nella vita i segreti meglio custoditi sono soggetti all’imprevedibile volere del caso; accade dunque che nel novembre del 1940 la principessa Eleonora Chigi Albani della Rovere e suo figlio Giovanni Incisa della Rocchetta, appassionato storico dell’arte, improvvisamente si trovano di fronte alla favoleggiata tela del Facchetti e solo grazie all’irripetibile coincidenza di aver riunite in una sola persona memoria storica familiare e specifiche competenze artistiche, si ritrovano improvvisamente in mano le chiavi per risolvere questo intricato giallo storico degno del miglior Dan Brown: comprendono infatti che due dipinti, raffiguranti un Gesù bambino benedicente e un volto di Madonna, da secoli in possesso della sua famiglia, sono proprio le parti superstiti del leggendario affresco realizzato dal Pinturicchio per le stanze vaticane!
Si arriva così ai nostri giorni, quando l’improvvisa ricomparsa del “Bambin Gesù delle mani” del Pinturicchio sul circuito antiquario internazionale e, da qui, il passaggio ai nuovi proprietari ed alla Fondazione Giordano, regala al mondo un’opera capolavoro che supera lo spazio e il tempo, approdato a Cortina dopo aver stregato il pubblico dei più importanti musei del mondo come il Guggenhaim di New York e il Musèe Mailloid di Parigi. La Mostra, carica di un grande significato storico e culturale “rappresenta un’interessante opportunità per chi nutre la volontà di accostare i valori del proprio brand a quelli dell’arte italiana, che da secoli si contraddistingue all’interno dello scenario mondiale.”, ha dichiarato il Prof. Franco Ivan Nucciarelli, curatore della mostra. “Un capolavoro del genere va condiviso e salvaguardato, e anche i privati possono dare un enorme contributo “, conclude Andrea Margaritelli, Vice-Presidente della Fondazione Giordano.