Ritroviamo le tradizioni e l’eleganza del… Conte Max!

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Il conte max

Siamo fortunati. Viviamo in un’epoca dove fortunatamente quasi tutti hanno più o meno tutto quello che gli occorre per vivere, ed anche qualcosina in più. Ovviamente alle nostre latitudini. Purtroppo le eccezioni non mancano, ma se andiamo ad analizzare la situazione, possiamo dire che una casa, bene o male, ce l’abbiamo tutti, la televisione idem, lo smartphone è nelle mani dei nostri ragazzi fin da giovanissimi.

Poi c’è una fetta di popolazione ancora più fortunata, che può permettersi vacanze esclusive, indossa l’orologio griffato, frequenta i circoli sportivi più eleganti, cena in ristoranti di grido, fa shopping nelle boutique dell’alta moda e chi più ne ha, più ne metta. E dunque un mondo perfetto per molti, ma per gli amanti del buon gusto delle tradizioni qualcosa manca. Qualche giorno fa, rivedevo divertito lo storico film “Il Conte Max”, con Alberto Sordi e Vittorio De Sica e facevo proprio questa riflessione.

Era un’Italia diversa certamente. Era l’Italia della Dolce Vita e del boom economico, dei treni con le cuccette, dei grandi hotel e delle località più in. Era l’epoca in cui si cominciava a ripensare al futuro con fiducia, ma senza dimenticare cosa ci si era lasciati alle spalle. Era un altro mondo, distante da noi molto più di quanto i calendari vogliano farci credere.

Erano diverse le persone: i ceti più bassi cercavano di innalzarsi, quelli più alti di difendere le proprie posizioni, ma lo si faceva sempre con garbo, chiedendo permesso e rispettando le altrui convinzioni. Ci si dava da fare per crescere, ma con molta disciplina e con un certo stile che oggi, purtroppo manca.

Erano i tempi dei baciamano e degli inchini, del dito mignolo che doveva essere sempre abbassato, dei permesso e dei per favore, ma anche della convinzione che la volgarità non dovesse essere sbandierata come elemento d’orgoglio, ma nascosta più che mai dietro il desiderio di ambire ad una vita migliore.

C’erano cappelli e soprabiti, scarpe lucide e guanti in pelle. E tutti avevano sempre in tasca un candido fazzoletto da utilizzare all’occorrenza. Dispiace oggi assistere ad un degrado tale, dal punto di vista dell’eleganza personale e morale. Un salto indietro di anni luce che lascia di stucco se si pensa all’esperienza e alle qualità che ci sono state lasciate in eredità dai nostri padri e dai nostri nonni, a prescindere dal ceto sociale.

L’Italia è un Paese, come più volte abbiamo scritto dalle pagine di questa rivista digitale, che è in tutto il mondo sinonimo di stile, ma purtroppo la frase tipica che, da soli ci rivolgiamo all’estero e non solo “ci siamo fatti subuto riconoscere” non è più legata ad una eleganza innata e maestosa, ma ad una totale mancanza di savoir faire. Non voglio certo fare di tutta l’erba un fascio, ma più vado avanti con gli anni e più mi rendo conto che di distinti uomini e raffinate dame ce ne sono sempre meno. La mia speranza è riposta nei giovani, che, almeno nell’abbigliamento, un po’ di buongusto lo stanno riscoprendo.

Tratto da Lusso Style di Giugno 2017